Ucraina

Ci siamo dimenticati della guerra in Ucraina?

Le ostilità tra Israele e Hamas hanno fatto perdere di vista una situazione di stallo e i problemi di Kyiv nel respingere l'invasione russa
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky(Foto: Ivan Katwijk/Getty Images)

A due mesi dall'attacco di Hamas a Israele, la guerra in Ucraina ha oltrepassato i 600 giorni con la copertura mediatica più scarsa di sempre. Per capire se questo luogo di dimenticanza è nefasto o positivo, bisognerà capire come si regoleranno gli alleati di Volodymyr Zelensky. Se la sensazione più ovvia è che un calo di attenzione potrebbe far vacillare un fronte anti-Putin già da tempo attraversato dalle divisioni, l'oblio potrebbe anche distogliere l'opinione pubblica dai risultati non proprio brillanti della strategia occidentale, facendo passare in secondo piano agli ulteriori sacrifici che si renderanno necessari.

Un appuntamento importante è stato l'ultimo Consiglio per gli affari esteri dell'Unione europea, dedicato alle questioni di difesa. La questione più gravosa è stata il sostegno militare all’Ucraina. L'Unione ha stanziato 27 miliardi di euro di sostegno militare a Kyiv - provenienti dal Fondo europeo per la pace e da contributi bilaterali dei Paesi Ue - e 58 miliardi di euro per altri tipi di aiuti economici e umanitari. Ma manca ancora un accordo per aggiungere altri 50 miliardi di euro in 4 anni al bilancio europeo, richiesti dalla Commissione per aumentare il sostegno all’Ucraina. La ritrosia di un alleato ideologico del presidente russo Vladimir Putin come il presidente ungherese Viktòr Orban non aiuta. Inoltre, l'obiettivo di inviare un milione di proiettili di calibro 155 millimetri entro l'anno è stato raggiunto solo al 30% alla fine di ottobre, mostrando tutti i limiti della politica industriale del blocco.

La controffensiva deludente

Dopo l’eccidio in Israele del 7 ottobre e la risposta brutale di Gerusalemme, molti commentatori si sono domandati se questo evento avrebbe aumentato la stanchezza occidentale per le sorti ucraine. Almeno a parole, i leader europei stanno cercando di smentire questa ipotesi. Ursula Von der Leyen ha visitato Kyiv a inizio novembre, ma è incappata in una sfortunata circostanza: la pubblicazione di un articolo-bomba su Time, a firma di Simon Shuster, nel quale Zelensky viene ritratto in luce cupa, e si legge che "gli stessi consiglieri di Zelensky sono estremamente scettici sulla [attuale] politica".

Dipinto come una persona poco propensa ad affrontare la realtà, il presidente ucraino in una recente intervista con Nbc ha respinto l'idea che la guerra si trovi in una situazione di stallo, suggerendo che chiunque dica il contrario favorisce gli invasori russi. Secondo il New York Times, questo "segnala un'emergente frattura tra la leadership militare e civile in un momento già difficile per l'Ucraina", come testimonia anche il recente licenziamento del capo delle forze speciali dell'Ucraina. Nella già citata intervista, Zelensky ha ribadito di non voler negoziare con la Russia fino a quando non si ritirerà completamente dai territori ucraini, concludendo che l'Ucraina non è pronta a concedere la sua libertà al "fottuto terrorista Putin".

Come ha notato Shuster, tuttavia, "la convinzione di Zelensky della vittoria finale dell'Ucraina sulla Russia si è irrigidita in modi che preoccupano alcuni dei suoi consiglieri", i quali hanno descritto la risoluzione di Zelensky “al limite del messianico”, apparendo come un leader chiuso in sé stesso, deluso dagli alleati, che preoccupa chi gli sta attorno: "Non stiamo vincendo. Ma provate a dirglielo."

I dissidi tra i ranghi

Indipendentemente dall'onestà delle fonti che hanno fatto trapelare questo pessimismo, una notevole diffidenza per i decisori politici ucraini è emersa, seppur in termini più sfumati, dal comandante in capo dell'Ucraina, il generale Valery Zaluzhny. Il quale in una intervista con l'Economist, ha detto chiaramente che la controffensiva intrapresa dall’Ucraina cinque mesi fa non ha prodotto i risultati sperati. Il conflitto, ha spiegato, è bloccato in uno stallo che ricorda i combattimenti di trincea della Prima guerra mondiale, e nelle condizioni attuali non potrà esserci una svolta significativa della guerra, né in senso positivo (respingere i russi), né in senso negativo (subire un’avanzata russa).

È stata la valutazione più schietta fatta finora da un alto funzionario di Kyiv sulle prospettive di una vittoria dell'Ucraina, e ha raffreddato notevolmente le speranze occidentali di dissanguare la Russia per poi costringerla a scendere a patti. "Questo è stato il mio errore. La Russia ha perso almeno centocinquantamila uomini, una perdita che in qualsiasi altro Paese avrebbe fermato la guerra", ha spiegato Zaluzhny all’Economist, prendendo atto che per il regime di Putin la vita umana non ha lo stesso valore che ha per l'Ucraina, Paese che ha perso un numero altrettanto se non più grande di giovani uomini.

Gli alleati nella mareggiata

Negli Stati Uniti, intanto, Joe Biden sta chiedendo ai membri del Congresso di votare per un pacchetto di aiuti da 61,4 miliardi di dollari, ma il sostegno all’Ucraina è ostacolato sempre più dalla corrente nazional-populista dei Repubblicani, che vogliono dare priorità a Israele e alla Guerra fredda contro la Cina. La prospettiva di una vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali del 2024 spingendo vari leader europei a ripensare un bilancio per la difesa comune.

Mario Draghi, intervistato dal Financial Times, ha detto che il modello geopolitico sul quale l’Europa si è retta dalla fine della Seconda guerra mondiale, tra cui il “sostegno dagli Stati Uniti per la difesa” non esiste più. E che quindi, "Per poter esprimere una visione politica unica e potente nel mondo di oggi, l’Europa ha bisogno di molta, molta più integrazione [diventando] un'unione più profonda, un'unione capace di esprimere una politica estera e una politica di difesa"

La guerra sul campo è la parte più tristemente monotona della storia. L'ipotesi di una controffensiva russa in inverno è discussa ma non sembra all'orizzonte. Che lo spostamento dell'attenzione mondiale dall'Ucraina al Medio Oriente sia una maledizione oppure o una fortuna, per Kyiv, dipenderà insomma non tanto dalla guerra guerreggiata - non ancora - quanto dall'uso che gli alleati dell'Ucraina sapranno fare di questo oblio, per certi versi inevitabile.