Politica e digitale

Cosa chiedono le startup al governo Meloni

Innanzitutto di dare ascolto alle loro istanze, dato che all'ultimo grande evento sui dieci anni del decreto per startup non era presente nessuno dell'esecutivo. E poi di sostenere investimenti per spingere l'innovazione
Corrado Passera interviene all'evento sulle startup
Corrado Passera interviene all'evento sulle startup

A tracciare un bilancio dei primi dieci anni di Startup Act, la legge varata il 18 ottobre 2012 che ha messo in piedi il registro per le startup, rendendo il Paese competitivo nel campo dell’innovazione (solo nel primo semestre del 2022, sono stati raggiunti investimenti di oltre 1 miliardo di euro), in occasione dell'evento 10 anni di Startup Act all’auditorium Antonianum, una giornata di confronto a cui hanno preso parte abilitatori, investitori, aziende, scale up e corporate organizzata da InnovUp, associazione capofila di tutte le anime del variegato ecosistema dell’innovazione italiano, c’era un grande assente: le istituzioni. In sala e nella scaletta degli interventi nessun esponente del governo Meloni, sedie vuote che non sono passate inosservate e che soprattutto preoccupano il comparto più vivace dell’economia italiana. 

Un’assenza fatta subito notare da Giorgio Ciron, direttore di InnovUp. “È un’assenza che a noi dispiace tanto - ha spiegato - perché oggi siamo qui a parlare di una cosa importante: di posti di lavoro. Perché le startup e le aziende ai primi cinque anni di vita sono oggi le realtà che più creano occupazione in Italia”. Un’assenza fatta notare anche Luciano Floridi, professore di Filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford, all’inizio del suo illuminante intervento: “Dispiace non avere la presenza delle istituzioni, non capisco come sia possibile che in Italia non esista ancora un ministero del Digitale; un tempo il digitale era considerato la ciliegina sulla torta, oggi è la torta”.

Un messaggio per le startup
Nel 2012 la legge che ha aperto le porte all'innovazione in Italia. Corrado Passera e Paolo Barberis ricordano quei giorni. La nuova sfida è far crescere il venture capital. Per Wired il Vem ha selezionato la top ten delle startup con il maggior fundraising in Italia

Le startup in Italia, una crescita esponenziale

Nel 2012 le realtà iscritte al registro poche centinaia, oggi sono più di 14mila, una crescita esponenziale raccontata nell’intervento di apertura dal padre della legge e grande guru delle startup italiane, l’ex ministro dello Sviluppo economico del governo Monti, Corrado Passera: “La normativa nacque da un percorso di ascolto e di studio. Iniziammo con il coinvolgere tutti gli aventi interesse, con quella comunità di innovatori che volevano operare al meglio; li mettemmo in rete. Poi mandammo in giro per il mondo un gruppo di persone che stilò un rapporto dove mostrò le migliori idee che venivano dalle migliori esperienze internazionali. Mi dissero che se fossimo riusciti a fare solo la metà avremmo avuto un grande successo, ma poi ci chiedemmo: perché farne solo la metà se possiamo farle tutte? Iniziammo quindi ad apportare i cambiamenti che sarebbero serviti per allineare la normativa sul tema del lavoro e dello sviluppo”

Un’iniziativa che all’inizio del percorso non tutti capirono, perché presagiva un cambio di declinazione rispetto a quello che era il tessuto economico del Paese. “Secondo molti interlocutori - ha spiegato ancora Passera - bisognava mantenere lo stigma del fallimento, quindi ci battemmo perché l’idea di punire il fallimento è proprio il contrario dell’idea della startup. Con il passare del tempo la serietà del lavoro che svolgemmo creò un grande consenso intorno alla legge, che ci consentì di approvarla pur essendo il governo dimissionario”.

Corrado Passera e Vittorio Colao al convegno di H-Farm sulle startup
Servono strumenti per farle crescere, veicoli di investimento, regole più flessibili e una formazione ad hoc. Alcune proposte da chi ha contribuito a scrivere la prima legge sulle imprese innovative

Le richieste alle istituzioni

Una buona legge che fortunatamente i governi successivi non stravolsero, ma arricchirono con modifiche in linea con la sua filosofia. Oggi le startup chiedono che venga colmato il divario strutturale con i principali Paesi europei, che venga attualizzato e semplificato il quadro normativo esistente, che aumentino gli incentivi fiscali, che siano messe a sistema le agevolazioni per gli investitori e che si attuino politiche in grado di attrarre talenti e incentivare l’imprenditoria femminile. “Quello del venture capital - ha concluso l’ex ministro - è un tema da spingere per far passare le startup a scaleup. Dobbiamo essere ‘spingitori culturali’ per i giovani perché ad oggi non ci sono percorsi universitari degni di nota. In gioco non c’è solo non un segmento di un’economia, ma il futuro”

L’idea alla base è quella di arrivare ad un manifesto condiviso che sappia guardare ai prossimi dieci anni nell’ottica di agevolare e supportare le startup aumentando la competitività della filiera, snellendo gli adempimenti burocratici, superando l’attuale stratificazione normativa e favorendo l’internazionalizzazione di startup, pmi e centri di innovazione

“Dieci anni dopo l’introduzione dello Startup Act, prima legge organica sulle imprese innovative per il nostro Paese, gli investimenti in startup hanno superato il miliardo di euro di finanziamenti. Ma, guardando all’estero, il gap da colmare è ancora consistente: nel 2021 le startup spagnole ricevevano infatti 6,6 miliardi, le francesi 11,6 miliardi e le tedesche 16,2 miliardi - ha spiegato Cristina Angelillo, presidente di InnovUp -. Per questo è fondamentale condividere insieme le strade su cui è prioritario intervenire per innescare un circolo virtuoso che abbia, come finalità, un’effettiva valorizzazione e il consolidamento del comparto, settore strategico per il rilancio e lo sviluppo economico del Paese”. Nel corso dell’evento, InnovUp ha annunciato tre nuove partnership con altrettante associazioni che condividono l’obiettivo comune di avvicinare il nostro Paese ai modelli di “startup nation” europei: Roma Startup (l’associazione dell’ecosistema dell’innovazione della Capitale), AgriFood-Tech Italia (l’associazione che raccoglie i principali abilitatori nazionali dell’ecosistema delle startup agrifood) e EdTechItalia (l’associazione delle realtà che mettono l’innovazione al servizio dell’educazione e della formazione).

Giorgia Meloni, presidente del Consiglio
Il governo rinuncia alla delega che è stata di Paola Pisano e Vittorio Colao negli ultimi governi. Nonostante i miliardi che il Pnrr assegna al digitale e le sfide tecnologiche strategiche per l'Italia

Le nuove sfide

Le nuove sfide per l’ecosistema delle startup sono sviluppare maggiormente il funding, inizialmente spinto dalle garanzie pubbliche e con l’inizio del crowdfunding, e lavorare sulla preferibilità del prodotto, un fattore che oggi dipende dalla sostenibilità della produzione e da questioni socialmente imprescindibili come l’inclusività: in sostanza, è quella che oggi viene definita green & blue innovation, cioè l’equilibrio tra innovazione, sostenibilità e centralità dell’essere umano. “Solo il 3% delle startup oggi è a conduzione femminile, per questo ci stiamo impegnando per organizzare la formazione dedicata alle donne anche utilizzando i fondi del PNRR. Vorremmo lavorare di più nell’ambito scolastico e universitario, che sono i germogli potenziali da cui parte l’innovazione”, ha spiegato nel suo intervento Federica Garbolino di Invitalia, l’Agenzia Nazionale per lo sviluppo di proprietà del ministero dell’Economia. A parlare di nuovi investimenti è stato invece Alessandro Scortecci, del Fondo nazionale per l’innovazione (Cdp Venture Capital Sgr), ipotizzando un impegno dei grandi fondi pensione italiani a investire, in modo da riuscire ad avere a disposizione un fondo di 7-8 miliardi da investire entro il 2025.

Investimenti che, a detta di molti operatori intervenuti all’evento, dovranno per forza di cose puntare sui settori industriali strategici per il Paese, a partire dall’agrifood. “L’anno scorso, nel mondo sono stati investiti oltre 50 miliardi di dollari nelle startup agrifood. Solo lo 0,2% di questo capitale è stato investito in startup agrifood italiane, almeno 10 volte meno di quanto il settore nazionale dell’agrifood rappresenta nell’economia mondiale”, ha spiegato Peter Kruger, presidente di AgriFood-Tech Italia. La speranza di tutti è che le istituzioni non lascino più sedie vuote.

[Il pezzo è stato aggiornato alle 12.30 del 5 dicembre 2022 per correggere un errore: l'evento non si è svolto alla Pontificia Università Lateranense di Roma, come inizialmente scritto, ma all'Auditorium Antonianum. Ci scusiamo dell'errore con i lettori, i diretti interessati e gli organizzatori dell'evento]