Esiste un modo per uscire dal tunnel del binge eating?

Si tratta di disturbo serio dell'alimentazione, che compromette la vita delle persone, e spesso di accompagna ad altri problemi di natura psicologica. Ma si può trattare
Binge eating esiste un modo per uscire dal tunnel
domoyega

Per molti quello delle abbuffate natalizie rimane un evento occasionale, in genere senza particolari ripercussioni. Ma non per chi soffre di binge eating. Abbuffate patologiche, in cui le occasioni in cui si mangia troppo in un tempo ristretto sono ripetitive, e non prive di conseguenze. Una condizione nota come disturbo da alimentazione incontrollata o, appunto, binge eating in inglese (in assonanza con le abbuffate alcoliche, binge drinking), complicata, della quale si parla ancora troppo poco, malgrado sia piuttosto diffusa.

A riaccendere i riflettori sul binge eating più che le feste natalizie – riconosciute come un fattore di rischio per l'innescarsi di episodi di alimentazione incontrollata, ma per fattori ben più complessi della semplice disponibilità di cibo – è stato un articolo su The Conversation a firma Paul Jenkins dell'Università di Reading, esperto in materia, intervenuto sul tema dopo che una star americana (Jonathan Van Ness) ha dichiarato di soffrire del problema. Un'occasione per aiutare a far emergere magari i casi sommersi, si augura Jenkins, perché là fuori di casi ce ne sono eccome, e per far comprendere appunto che non si tratta di semplici abbuffate.

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Quando si parla di binge eating

Con questo termine si intende una condizione caratterizzata dalla perdita del controllo di ciò che si mangia, ingerendo una “quantità di cibo insolitamente grande”. La definizione è istituzionale e arriva dal National Institute of Mental Health statunitense, specificando anche che si parla di binge eating quando si mangia in un tempo ristretto, velocemente, anche se non si ha fame, anche se ci si sente pieni, sperimentando un senso di angoscia o vergogna, provando diete, anche se solitamente non si osservano digiuni o altri meccanismi compensatori come esercizio fisico intenso o purghe. E quando tutto questo, ovviamente, avviene con una certa regolarità: si parla di disturbo quando almeno per tre mesi si ha un episodio di binge eating almeno una volta a settimana. Stimare quante persone ne soffrano non è facile, complice anche il tentativo di mantenere nascosta la situazione, ma le percentuali oscillano intorno all'1-2% a livello mondiale, con le donne come il sesso più colpito e i giovani la fascia di popolazione più interessata. In Italia non è chiaro che prevalenza abbia il binge eating, i dati messi a disposizione dal Ministero della salute riportano solo quelle per anoressia e bulimia, anche se qualche informazione in più era arrivata quest'anno in occasione dell'ultima giornata del Fiocchetto Lilla. Rispetto a tutti i disturbi alimentari seguiti dai centri dedicati, su 9000 persone circa il 12% erano persone con problemi disturbo da alimentazione incontrollata.

Come e perché può scatenarsi il binge eating

Sebbene il focus sia sull'alimentazione e sul rapporto col cibo, molto spesso il disordine alimentare non è l'unico problema di queste persone, non di rado interessate da altri problemi di salute mentale (il binge eating, come gli altri disturbi dell'alimentazione, è infatti incluso nel DSM, il famoso manuale diagnostico utilizzato in psichiatria), come ansia, disturbi dell'umore, dipendenze da alcol, hanno pensieri e tentativi suicidari. Sono persone spesso obese, con diabete, ipercolesterolemia e ipertensione. Come e perché si sviluppino comportamenti di binge eating non è chiaro, anche se sono stati identificati alcuni fattori di rischio, da alterazioni genetiche, a obesità infantile, abuso di sostanze, violenze sessuali, un atteggiamento perfezionista, un ambiente famigliare problematico e pressante, scarsa autostima, alterazioni cerebrali e ormonali, ansia, e depressione. Ma per terribile che sia, il binge eating si può curare ed è per questo che è ancora più importante riconoscerlo, scrive Jenkins.

I trattamenti

Dal momento che il disturbo da alimentazione incontrollata riguarda il rapporto con il cibo ed è prettamente di natura psicologica/psichiatrica, i trattamenti mirano a regolare l'alimentazione sfruttando soprattutto terapie psicologiche, anche con l'aiuto di strategie di autogestione. Più dei trattamenti farmacologici, che pure possono essere usati ( si parla di inibitori della ricaptazione della serotonina, di antidepressivi dunque, o ancora di trattamenti usati contro l'Adhd), anche se come riportano le linee guida del britannico Nice i farmaci non possono essere considerati l'unica strategiacontro il binge eating. Tra quelli psicologici raccomandati un posto particolare occupa la terapia cognitivo-comportamentale, che aiuti la persona a prendere consapevolezza delle proprie abitudini alimentari, pianificandole, a identificare i fattori che possono scatenare il disturbo ad evitandoli se possibile, ad affrontare i problemi relativi alla percezione del proprio corpo. Lo scopo, dicono ancora le Nice, è di mirare a trattare il binge eating di per sé, e solo di conseguenza l'eventuale sovrappeso o obesità. Al punto che c'è chi consiglia di stare del tutto lontani dalla bilancia a chi combatte contro tutto questo.