Medio Oriente

Gli aiuti umanitari arrivati nella Striscia di Gaza non bastano

Israele ha escluso l'accesso al carburante, vitale per mantenere in funzione gli ospedali e dare elettricità alla popolazione, perché teme che possa essere usato da Hamas per scopi militari
Camion carichi di aiuti umanitari al valico di Rafah tra Egitto e Striscia di Gaza
Camion carichi di aiuti umanitari al valico di Rafah, tra Egitto e Striscia di GazaMahmoud Khaled/Getty Images

Sotto pressione degli Stati Uniti, Israele ha concesso ai primi convogli di aiuti umanitari di poter entrare nella Striscia di Gaza. Tra sabato 21 e domenica 22 ottobre circa venti camion hanno attraversato il valico di Rafah portando cibo, acqua, medicinali e beni di prima necessità. Tel Aviv ha però vietato l’ingresso al carburante, una delle risorse essenziali per mantenere attivi gli ospedali della Striscia, cucinare e avere elettricità per comunicare con il mondo esterno.

Per Israele il carburante non può far parte degli aiuti umanitari, per il timore che possa essere usato da Hamas per scopi militari. Così, con la rete elettrica a zero, dopo il taglio della fornitura imposto dal governo israeliano, i generatori a benzina o diesel sono l’unica speranza per non far piombare i 2 milioni di abitanti di Gaza nell’oscurità. Ma le scorte di carburante stanno finendo.

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In base a quanto riporta il Washington Post, l’esclusione del carburante dai convogli umanitari è stata concessa a Israele dagli Stati Uniti per far almeno riprendere il flusso di aiuti, che per ora è pari a solo il 4% di quello precedente all’escalation, si legge sul Guardian. I primi rifornimenti di cibo, acqua e medicine, sono stati forniti dalle Nazioni Unite e dalla Mezzaluna Rossa egiziana, cioè la sezione della Croce rossa internazionale attiva nei paesi di religione musulmana.

Dopo l’arrivo a Gaza del secondo convoglio, Washington ha promesso alla comunità internazionale di garantire un “flusso continuo” di aiuti verso la Striscia, ma non ha sollevato la questione relativa al carburante. Per Israele si tratta infatti di un materiale “a doppio uso”, cioè usabile anche da Hamas. Ma mentre è probabile che l’organizzazione militare sia ancora in possesso di vaste scorte di benzina, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità sarebbero ormai già sette gli ospedali costretti a chiudere sia per gli attacchi israeliani che per la mancanza di energia elettrica per operare.

Se i generatori non funzionano, anche le incubatrici per i neonati, le macchine per la respirazione e tutti gli altri macchinari vitali di un ospedale non possono funzionare e i civili coinvolti dai bombardamenti indiscriminati non possono essere curati. La situazione a Gaza resta quindi ancora drammatica e Israele continua a riservare ai palestinesi un trattamento in palese violazione dei diritti umani, nonostante gli appelli internazionali a rispettare il diritto umanitario internazionale e proteggere i civili, lanciati in maniera congiunta dai leader di Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Italia e Gran Bretagna.