la recensione

Willow è la serie fantasy che abbiamo sempre sognato

Il sequel del cult ideato da George Lucas e dal 23 novembre su Disney+ è ciò che Il Signore degli anelli - Gli anelli del potere ha provato a essere. Ecco la nostra recensione no spoiler e le interviste video al cast.

Willow fa parte di quella manciata di film fantasy degli anni '80 che ha conquistato il pubblico, ed è con una vera chicca che torna sugli schermi: la serie omonima su Disney+. Assieme a Legend, Labirynth, La storia infinita e La storia fantastica, Willow ha determinato nell’immaginario popolare la forma di un genere che è rimasto inviolato fino all’avvento di Il trono di spade e di un’ondata di fantasy tendenzialmente dark. Nel mitico film di Ron Howard del 1988 – ai tempi un disastro al botteghino ma in seguito un cult inossidabile - l’eroico Willow partorito dalla fantasia di George Lucas era un giovane mago inesperto che salvava l’infante Elora Danan dalle grinfie di una strega con l’aiuto dello spadaccino scansafatiche Madmartigan (Val Kilmer) e della principessa guerriera Sorsha (Joanne Whalley). Nella serie, ambientata vent’anni dopo gli eventi del film, Willow è ormai uno stregone di chiara fama. 

Due decenni dopo Elora è una giovane romantica e innamorata che non conosce il suo passato e le profezie che la circondano. Vive alla corte del regno della regina Sorsha con Airk e Kit – il principe e la principessa suoi figli – e Jade, spadaccina adolescente. Insieme a queste ultime due, al principe dall’oscuro passato Graydon e al ladro guerriero Boorman (un tempo guerriero agli ordini di Madmartigan) partono alla ricerca dello scomparso Airk. È l’inizio di una quest - alla quale si unisce inevitabilmente Willow – lunga e pericolosa che è anche e soprattutto il pretesto per cercare sé stessi. “Jade pensa di essere molto sicura di sé e pensa di sapere quello che vuole” ci ha spiegato la sua interprete Erin Kellyman, “ma credo che in realtà sia solo un prodotto del suo ambiente. Una parte di lei è quella di un'orfana che non conosce i suoi genitori, mentre un'altra  è legata alla famiglia reale ed è cresciuta con il principe e la principessa. Non sa bene, quindi, quale sia il suo posto”.

Ellie Bamber ha rivelato del suo personaggio Lenora: “Penso che sia un po’ lo stesso anche per lei, crede davvero di stare cercando l’amore della sua vita, mentre in realtà sta cercando sé stessa, chi è veramente. Temo si sbagli a pensare che l'amore sia la risposta, in realtà deve solo cercare di essere in pace con il suo animo”. Amar Chadha-Patel, ovvero Boorman, ammette: “il mio personaggio crede tanto di essere l’individuo che finge di essere al punto da prendersi in giro da solo”. È un tema comune anche per Willow, che per due decenni ha nascosto di non essere il gran mago che tutti credono e che ha bisogno di mettersi di nuovo alla prova per proteggere quella bambina, ormai quasi adulta, a cui ha devoto l’esistenza. Il loro viaggio è il pretesto per mostrare un modo di fare fantasy che a una buona parte di pubblico manca tantissimo. Willow è un’opera che non solo omaggia gratificando i fan dell’originale, ma che ne conserva l’anima, gli ideali e la speranza che l’originale trasmetteva. Non è il caso di partire prevenuti – la maggior parte delle ultime serie firmate Disney sono state deludenti -: Willow è un sequel incantevole, semplice, divertente, parecchio bizzarro e che prende le distanze dalle produzioni cervellotiche e pretenziose che affollano di recente il piccolo schermo e dai fantasy foschi e cruenti dell’ultimo decennio. 

In pratica è ciò che Il Signore degli anelli - Gli anelli del potere ha provato a essere come fantasy e ha fallito. La sua storia è tanto lineare quanto avvincente, profonda quanto frivola, emozionante quanto psicologicamente accurata. Man mano che gli episodi si susseguono, la narrazione si fa più ricca – di azione, ma anche nell’esplorazione di una manciata di personaggi che sono il vero punto di forza dello show. Tra una battuta brillante e l’altra, tra una dichiarazione d’amore e una manifestazione d’affetto, tra una scoperta su sé stessi o sui propri cari, Willow procede spedito verso il climax, verso una tensione crescente che punta dritta a un destino funesto ma dal quale nessuno si tira indietro. Lo humour e il dramma convivono armoniosamente, e come accennato molto del merito va all’ottimo cast e a interpretazioni toccanti e vigorose. Warwick Davis, che riprende il ruolo di Willow dove averlo impersonato la prima volta a diciassette anni, è bravissimo, un mix brillante di ironia, umiltà e gravitas. Uno dei pregi maggiori della serie è quella di non cullarsi nella nostalgia, non fossilizzarsi nel passato ma anzi guardare al futuro, espandendo e arricchendo la mitologia originale.

A proposito di come Jonathan Kasdan, showrunner della serie abbia aiutato gli attori più giovani a capire e interpretare i rispettivi ruoli, Kellyman, Bamber e Patel hanno commentato: “Jon è stato molto esaustivo nello spiegare ciò che voleva dai personaggi e per qualsiasi domanda è stato molto disponibile. Ci ha anche fatto vedere un sacco di film, una vera e propria lista. The Breakfast Club è uno di quelli che mi è rimasto impresso. E La storia fantastica.” ha commentato la prima. “Jon mi ha fatto vedere un film su un pittore per farmi capire come funziona il processo creativo di un artista. È stata una vera e propria fonte di ispirazione per me” ha confessato la Bamber (vedendo la serie capirete). Amar si è invece ispirato a un classico del cinema: “Stavo cercando di incanalare il disordine e il caos di Boorman. Una delle maggiori ispirazioni è stato Toshiro Mifune, un attore giapponese che ha recitato in I sette samurai. È un personaggio sporco, disordinato, usa la spada e va in giro con fare spavaldo, ma cerca anche di essere un eroe.” 

Tutti e tre regalano buone prove attoriali e tutti hanno dovuto anche dare prova di agilità e prodezza fisica perché in Willow pullulano lotte e inseguimenti disseminati lungo un percorso irto di ostacoli e situazioni pericolose che accelerano il ritmo quando questo non rallenta per soffermarsi sul processo di maturazione di ciascun personaggio. Ognuno di loro ha partecipato infatti a un bootcamp che ha insegnato loro a tirar di scherma, cavalcare e… manovrare bacchette magiche, ma pensando più a divertirsi che ad allenarsi. “Il nostro stunt coordinator ha suddiviso la palestra con pareti di cartone” ha spiegato Amar. “Per noi attori erano come caramelle per bambini: non importava chi si stesse allenando, c’era sempre qualcuno che si lanciava contro un pannello e finiva dall’altra parte. Lo abbiamo fatto così tante volte, era troppo divertente” ci ha confessato. Rimane tuttavia il sospetto che a divertirsi più di loro sarà il pubblico, perché Willow è incantevole.